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Stazione 01

Dozio

Tempi di percorrenza a piedi / Walking times

Dozio – Valgreghentino 30 min.
Dozio – Consonno 30 min.
Dozio – San Genesio 60 min.
Dozio – stazione del treno di / train station of Airuno 60 min.

Storia

IT

Dozio è una frazione geografica del comune italiano di Valgreghentino posta in posizione elevata ad ovest del centro abitato.

Controparte di Biglio posta sul versante opposto della stessa valle, Dozio nel passato era un comune autonomo, annesso nel 1927 a Valgreghentino. Dopo un periodo di abbandono sta tornando alla vita grazie anche all’intervento del comune e della Comunità montana lario Orientale che stanno portando l’acqua potabile in questa frazione. Tra le attività che si stanno sviluppando sono da segnalare una scuderia di cavalli frisoni ed un agriturismo.
Molto bello il suo santuario dedicato alla Madonna di Częstochowa in sui si trova anche una statua in bronzo, opera dello scultore muggiorese Giorgio Galletti, raffigurante Giovanni Paolo II, il Papa polacco molto devoto alla Madonna. Il recupero di questa antica chiesetta è stato fortemente voluto dal parroco emerito del Paese, don Alfredo Zoppetti, attualmente residente a Introbio, in Valsassina, e da un nutrito gruppo di parrocchiani che negli anni settanta hanno dato nuova vita al tempio ormai ridotto ad una stalla.

Dozio fu un antico comune del Milanese.
Nel 1751 fu registrato come un villaggio di 66 abitanti, e nel 1786 entrò per un quinquennio a far parte della Provincia di Como, per poi cambiare continuamente i riferimenti amministrativi nel 1791, nel 1797 e nel 1798.
Portato definitivamente sotto Como nel 1801, alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1805 risultava avere 82 abitanti.[2] Nel 1809 il municipio fu soppresso su risultanza di un regio decreto di Napoleone che lo annesse per la prima volta a Valgreghentino, ma il Comune di Dozio fu tuttavia ripristinato con il ritorno degli austriaci. Nel 1853 risultò essere popolato da 105 anime, scese a 75 nel 1871. La posizione defilata e collinare del villaggio ne causò il definitivo spopolamento già sul finire del XIX secolo, tanto che nel 1921 si registrarono soltanto 74 residenti. Fu il regime fascista a decidere nel 1927 di sopprimere definitivamente il comune[3], unendolo nuovamente a Valgreghentino seguendo il precedente modello napoleonico.

Da Wikipedia

EN

Dozio is a hamlet belonging to the Italian municipality of Valgreghentino, located in an elevated position west of the town.

Right in front of Biglio located on the opposite side of the same valley, Dozio used to be an independent municipality then merged into Valgreghentino in 1927. After a period of neglect, it is coming back to life also thanks to the action of the Municipality and Comunità Montana Lario Orientale, which are bringing drinking water to this hamlet. Among the activities that are being developed are a stable of Friesian horses and a farm.
There is a very beautiful shrine dedicated to Our Lady of Częstochowa where a bronze statue by the sculptor Giorgio Galletti from Muggiò can also be found: it depicts John Paul II, the Polish Pope who was very devoted to Our Lady. The restoration of this ancient Church was strongly desired by the Emeritus Priest Don Alfredo Zoppetti, currently living in Introbio, in Valsassina, and by a large group of parishioners who, in the seventies, gave new life to the shrine then reduced to a stable.

Dozio was an ancient Municipality in the Milanese area.
In 1751, it was registered as a village of 66 inhabitants and in 1786, it became part of the Province of Como for five years. It then changed again its administrative references in 1791, 1797, and 1798.
Definitely brought under Como in 1801, at the proclamation of the Kingdom of Italy in 1805, there were 82 inhabitants recorded. In 1809, the Municipality was suppressed as a result of a royal decree by Napoleon, who annexed it for the first time to Valgreghentino. However, the Municipality of Dozio was restored with the return of the Austrians. In 1853, there were 105 inhabitants, down to 75 only in 1871. The secluded position on the hill caused its definitive depopulation at the end of the XIX century, so much so that in 1921 there were only 74 residents. In 1927, the fascist regime decided to suppress definitively the municipality, merging it again into Valgreghentino following the previous Napoleon model.

From Wikipedia

IT

Per Dozio in particolare valgono alcuni ritrovamenti, da ubicare cronologicamente “in età tardoromana – altomedievale. Si tratta anzitutto di un bellissimo coperchio di sarcofago in granito, a due spioventi e munito dei suoi quattro acroteri od orecchioni angolari; del sarcofago non resta traccia, mentre il coperchio è stato utilizzato – come è avvenuto frequentemente – quale vasca di raccolta dell’acqua della fontana del paese. Nel 1834 questa anomala vasca era già infissa su una piattaforma nel selciato della strada che veniva da Biglio e da Valgreghentino, di fronte all’orto dei fratelli Longhi di Giosuè; essa venne raccolta e usata nel nuovo lavatoio pubblico costruito entro il 1842 più a monte nella contrada Maggiore, lavatoio che, probabilmente per le continue infiltrazioni di liquame dalle stalle poste superiormente, venne demolito e rifatto nella piazzuola esattamente sul lato opposto alla posizione originaria del lavello; ciò avvenne probabilmente dopo il 1886, ponendosi forse anche una nuova vasca rettangolare che sembra una cassa tombale. I frammenti di un altro coperchio, simile e con gli acroteri, si trovavano pochi decenni or sono davanti alla facciata della chiesa di S. Martino, sul panoramico promontorio che guarda la vallata dell’Adda; lì stava anche una lapide di marmo bianco con una iscrizione frammentaria in elegante tracciato: lapide però che, data anche la consunzione della faccia superiore a causa del calpestio, non si saprebbe a qual periodo attribuire, se non che dirla piuttosto antica, in quanto estratta dall’altare precedentemente alla sistemazione della chiesetta e della facciata terminata nel 1584 al tempo di S. Carlo.

Viene la tentazione di immaginare che i coperchi si riferissero a sepolcri interni o contermini all’area della chiesa e forse pertinenti a qualche piccolo sacello votivo o signorile che abbia preceduto la versione romanica (attestata dalla pianta disegnata nel Cinquecento) della chiesa di S. Martino, chiesa che per la sua dedicazione si potrebbe facilmente ricondurre a periodi altomedievali. Bisogna però notare che la fattura dei coperchi è accurata, le falde sono pronunciate, così che sembrano piuttosto produzione di gusto romano che non manufatti barbarici. Anche qui restiamo con una parte di mistero, accontentandoci però di cogliere un altro punto: i paesi della montagna hanno anch’essi una lunghissima storia di vitalità, immune dagli apporti romani.

Se si chiarissero poi i resti di murature, forse fortificazioni, del monte Regina che però alcuni studiosi attribuirebbero a tempi intorno ai secoli XI-XII -, e se si conoscesse qualcosa di più del vuoto che per ora circonda i piccoli abitati dell’altro versante della spina montana (dove sta fra l’altro il caso interessantissimo di Figina, con una vecchia fornace e i resti del priorato cluniacense che era stato fondato nel 1107), potremmo ricostruire non solo ovvi piccoli tronchi di sentieri di collegamento fra i due versanti, ma forse qualche valico importante, come qualcuno ha immaginato per la zona fra Consonno e Dozio quale passaggio utilizzato per la strada Bergamo – Como dopo il ponte di Olginate: per quanto sicuramente la sella di Galbiate rappresenti la soluzione di scorrimento maggiormente favorevole e da considerare quindi come quella più probabile per il collega­ mento fra la valle dell’Adda e la regione dei laghetti briantei.

EN

For Dozio in particular, some findings are particularly relevant, to be located chronologically in the late Roman age-early Middle Ages. It is first of all a beautiful gabled-roof granite sarcophagus lid, with its four acroteria or corner earlobes; there is no trace of the sarcophagus, while the lid was used – as was frequently the case – as a basin for the collection of the water of the village fountain. In 1834, this anomalous basin was already anchored on a platform in the pavement of the road that came from Biglio and Valgreghentino, right in front of the Longhi di Giosuè brothers’ garden. It was picked up and then used in the new public wash house built by 1842 further upstream in the Maggiore area – a wash house which, probably due to the continuous sewage infiltration from the stables located above, was demolished and rebuilt in the square right on the opposite side to the original position of the sink. This probably happened after 1886, perhaps also positioning a new rectangular basin that looks like a chest tomb. The fragments of another lid, similar and with acroteria, were found a few decades ago in front of the facade of the St. Martin’s Church, on the scenic promontory overlooking the Adda river valley; there was also a white marble gravestone with an elegantly outlined fragmentary inscription. However, given the treading-related wear of the upper face, it is not possible to attribute the gravestone to a specific period; indeed, it is rather ancient, as it was taken from the altar prior to the renovation of the church and the facade completed in 1584 at the time of St. Charles.

One might think that the lids corresponded to internal sepulchers or tombs adjacent to the church area, and perhaps belonging to some small votive or stately shrine that preceded the Romanesque version (attested by the plan drawn in the XVI century) of the St. Martin’s church, a church that could easily be traced back to the early Middle Ages due to its dedication. However, it should be noted that the workmanship of the lids is accurate, the flaps are pronounced, so that they seem more Roman-style products than barbarian artifacts. Here too, there is a bit of mystery, but a further element stands out: the mountain villages also have a very long history of dynamism, immune from Roman contributions.

If we could get a clearer idea on the remains of walls, perhaps fortifications, of Monte Regina – that some scholars would attribute to approx. the XI-XII centuries – and if we knew something more about what now surrounds the small settlements on the other side of the mountain spine (where, among other things, there is the very interesting case of Figina, with an old furnace and the remains of the Cluniac priory founded in 1107), not only could we reconstruct obvious small segments of the paths connecting the two sides, but also some important passes, as someone envisaged for the area between Consonno and Dozio, used as the passage towards the Bergamo-Como route after the Olginate bridge. In any case, the Galbiate pass certainly represents the most favorable transit solution, to be considered therefore as the most probable choice for the connection between the Adda river valley and the Briantei lakes region.

IT

Essa viene citata nel “Liber notitiae Sanctorum Mediolani”. Tale citazione dimostra che la chiesetta esisteva fin dal medioevo. Notizie più particola­ reggiate al riguardo vengono fomite nella Visita pastorale di S. Carlo Borromeo, avvenuta nel 1566. In quell’occasione l’arcivescovo trovò che l’edificio era maltenuto e senza porta all’ingresso. Ordinò allora di chiudere la chiesa con un uscio, di riparare il pavimento e di recintare il cimitero per impedire alle bestie di entrare.

Nel 1569 giunse a Dozio il Visitatore regionale monsignor Francesco Bernardino Cermenati. Nel­ la relazione da lui lasciata è scritto che la chiesa di
S. Martino era lunga 18 passi e larga 7,5. Dall’ingresso si scendeva in chiesa per mezzo di due gradini. Vi era una sola finestrella che non illuminava a sufficienza l’edificio. In esso vi erano due sepolture. Il cimitero non era ancora cintato ed era completamente aperto. Ogni tanto vi celebrava il sacerdote Gregorio Nava cappellano di Consonno.

Dalla relazione risultava così che, in questo caso, non era stato eseguito l’ordine di S. Carlo di porre il cimitero al riparo dalle bestie e che, nonostante ci fosse ormai da tre anni un parroco a Greghentino, un cappellano mercenario continuava a celebrare di quando in quando nella chiesa di S. Martino.

Nel 1570 padre Leonetto Clivone raccomandò agli abitanti di Dozio d1 tagliare l’albero che si trovava nel muro della chiesa e di sistemare il cimitero.

Nella sua relazione viene detto pure che bisognava trattare con il cardinale Carlo Borromeo se si voleva ottenere l’autorizzazione battezzare nei rispettivi oratori i neonati di Dozio e Biglio che erano: “…sopra li monti, lontani e per vie difficili e sotto detta cura”. Monsignor Gerolamo Ragazzoni, vescovo di Famagosta, nel 1575 ordinò quanto segue: “Si imbianchi la chiesa e se ne faccia la soffitta e si serri il cimitero. Le spese saranno a carico del popolo, perché la chiesa ad esso appartiene”.

Questa insistenza perché le spese per la manutenzione di Dozio e per la sistemazione del cimitero fossero a carico della popolazione, sono un’indiretta conferma della scarsa disponibilità, causata dalla miseria, degli abitanti di Dozio a far fronte ai bisogni materiali della chiesa di S. Martino. Monsignor Francesco Porro nel 1577 raccomandò di procurare alla chiesa un numero sufficiente di candelieri. Ordinò inoltre al parroco di celebrare la messa in questa chiesa ogni due domeniche e due volte alla settimana nei giorni feriali.

Venne inoltre fatto obbligo agli abitanti di Dozio, insieme a quelli di Biglio, di contribuire a tutte le spese che si sarebbero dovute sostenere in futuro per la chiesa parrocchiale di Greghentino.

Tale decisione venne molto probabilmente presa per ribadire l’appartenenza delle due comunità alla parrocchia di S. Giorgio. Essa evidentemente non fu accettata dagli abitanti delle due frazioni, perché il prevosto di Olginate, in una lettera del 7 aprile 1583, scritta proprio a monsignor Francesco Porro, rilevava alcune difficoltà sollevate dagli abitanti di Dozio e Biglio. Il prevosto scriveva che questi uomini non volevano ottemperare all’ordine di monsignor Porro, di contribuire alle spese da sostenere nella chiesa parrocchiale. Gli abitanti delle due frazioni si rifiutavano di onorare il loro impegno sostenendo: “che non sono di quella Cura, né vogliono essere et sono stati ingannati””.

Nella lettera non veniva spiegato in che cosa consistesse l’inganno di cui gli uomini di Dozio e Biglio si ritenevano vittime. Più avanti il prevosto chiedeva con fermezza che i membri di queste due comunità fossero obbligati dalle autorità superiori a tenere fede ai loro impegni. Il cardinale Federico Borromeo, durante la Visita pastorale del 1615, placò gli animi degli abitanti di Dozio, ricorrendo più alla sollecitudine pastorale e alla persuasione che ad un’eccessiva fermezza. In primo luogo ordinò per la chiesa di Dozio un completo restauro ed una serie di migliorie, che permettessero il rifiorire della devozione religiosa e del culto dell’antico oratorio di S. Martino. Poi, come si è già visto, riconoscendo le difficoltà della strada che collegava la frazione alla chiesa parrocchiale, esortò la popolazione locale a conservare la messa festiva nella chiesetta della comunità, ricordando nello stesso tempo agli abitanti del luogo che, nella misura del possibile, era loro dovere frequentare la chiesa parrocchiale di S. Giorgio. Nei periodi invernali poi, i bambini potevano essere istruiti nella dottrina cristiana da persone del luogo, incaricate dal parroco. L’arcivescovo inoltre non obbligò in alcun modo gli uomini di Dozio a partecipare alle spese della fabbrica della chiesa parrocchiale. Con il suo atteggiamento il cardinale Borromeo annullò il dissidio esistente tra la popolazione di Dozio e quella di Greghentino, riconobbe alla prima una sua autonomia rispetto alla seconda e diede un nuovo impulso alla vita religiosa degli abitanti della collina. All’esterno della chiesa l’arcivescovo ordinò di mettere dei cancelli di legno all’ingresso del cimitero, che era lungo 20 braccia e largo 12 e di recintarlo con un muro. Di­ spose inoltre di tagliare, dopo aver raccolto i frutti dell’annata, una pianta di castagno che si trovava davanti alla facciata della chiesa. Le esortazioni del presule ebbero un buon effetto sulla comunità di Dozio. Infatti nella visita pastorale del cardinale Odescalchi del 1722, a proposito della chiesetta di S. Martino, venne scritto che essa era mantenuta con amore dalla gente di Dozio.
In questo luogo giunse anche il cardinale Pozzobonelli, il quale rilevò che l’oratorio si trovava in un posto di difficile accesso, ma pianeggiante e piacevole alla vista. Dopo la Visita del cardinale Federico Borromeo l’edificio era stato completamente restaurato e rimesso a nuovo e così apparve all’arcivescovo Pozzobonelli. Il soffitto era fatto di tavole sottili, il pavimento era ricoperto di mattoni, mentre le pareti erano intonacate ed imbiancate. L’altare era unico e guardava verso oriente. La sua icona mostrava dipinta su tela, con colori molto vivi, l’immagine della Beata Vergine Maria con due angeli che tenevano la corona sopra il suo capo.

Sulla parete era posta un’altra immagine della Vergine con altre figure di santi, tra le quali vi era pure quella di S. Martino. Tali immagini benché molto vecchie, solevano destare la devozione nell’animo dei fedeli. Nella chiesa si trovava pure un confessionale molto antico, che però veniva usato soltanto per qualche persona inferma. La porta dell’edificio era in solido legno di noce, mentre le due finestre erano provviste di legni trasparenti con inferriate e rete; una si trovava in mezzo alla chiesa a mezzogiorno e l’altra era nel presbiterio. Vi erano fuori dai cancelli del presbiterio due ossari; uno per gli uomini e uno per le donne. Sopra il tetto della chiesetta, dalla parte di mezzogiorno, era eretta una piccola torre, da cui pendeva un’unica campanella, sufficiente per chiamare il popolo, la cui corda di trazione cadeva nella stessa chiesetta. La sagrestia era stata costruita vicino alle pareti del presbiterio, dalla parte settentrionale ed era a forma quadrata con la volta in muratura. In essa vi era un’unica finestra con i vetri rotti. Per quanto riguardava il cimitero, gli ordini dell’arcivescovo Federico Borromeo non erano stati eseguiti, in quanto il luogo sacro non era protetto da alcuna cinta. In mezzo ad esso si ergeva una croce di legno. L’oratorio di S. Martino possedeva anche un piccolo appezzamento di terra detto Ronco, un bosco che circondava la chiesa ed una casa con un piccolo orto. Questi beni vennero lasciati da Brigida Pedrinella nel suo testamento scritti il 1°maggio 1734; la loro rendita consentiva la celebrazione ogni anno di un certo numero di messe. Le condizioni della testatrice venivano soddisfatte annualmente dagli amministratori della chiesa. Oltre a questi redditi l’oratorio usufruiva delle elemosine offerte dagli abitanti Il tesoriere de li amministratori, Giuseppe Antonio Longhi, diede al cardinale Pozzobonelli il resoconto della contabilità ed alla fine egli fu trovato debitore di 34 Lire e 13 Soldi. L’arcivescovo decretò di sostituire i vetri rotti alla finestra della sagrestia e di fare una cinta di pali intorno al cimitero, per non lasciarvi entrare le bestie.

EN

It is mentioned in the ‘Liber notitiae Sanctorum Mediolani’. This mention shows that the church had been existing since the Middle Ages. Furtehr and more details news in this regard are provided in St. Charles Borromeo’s pastoral visit, which took place in 1566. On that occasion, the archbishop found the building in poor conditions and without a door at the entrance. Therefore, he ordered to close the church with a door, repair the floor, and fence the cemetery to prevent the beasts from entering.

In 1569, the Regional Visitor Monsignor Francesco Bernardino Cermenati arrived in Dozio. In his report, he wrote that the St. Martin’s church was 18 paces long and 7.5 wide. From the entrance, you could access the church going down two steps. There was only one small window, not enough to illuminate the building properly. There were two tombs there. The cemetery was not fenced yet and it was completely open. Occasionally, the priest Gregorio Nava, chaplain of Consonno, officiated the Mass there.

The report thus showed that, in this case, St. Charles’ order to shelter the cemetery from animals had not been obeyed and that, despite the presence of a parish priest in Greghentino for three years, a mercenary chaplain was still officiating a Mass from time to time in the St. Martin’s church.
In 1570, Father Leonetto Clivone recommended the inhabitants of Dozio to cut down the tree by the church wall and to fix the cemetery.

In his report, it is also said that it was necessary to negotiate with Cardinal Charles Borromeo if an authorization for baptisms was needed in the respective Oratorio of the newborns of Dozio and Biglio, which were located ‘… over the mountains, far away, through difficult routes, and under said Curia. In 1575, Monsignor Gerolamo Ragazzoni, bishop of Famagosta, ordered the following: ‘The church should be whitewashed, an attic shall be added, and the cemetery shall be closed. The expenses shall be borne by the people, because the church belongs to them’.

This insistence on the costs for the maintenance of Dozio and for the renovation of the cemetery to be borne by the population is an indirect confirmation of the limited availability, caused by poverty, of the inhabitants of Dozio to meet the material needs of the St. Martin’s church. In 1577, Monsignor Francesco Porro recommended providing the church with a sufficient number of candlesticks. He also ordered the pastor to officiate a Mass in this church every two Sundays and twice a week on weekdays.

The inhabitants of Dozio were also obliged, together with those of Biglio, to contribute to all the expenses that would be incurred in the future for the Greghentino parish church.

This decision was most likely taken to reaffirm the belonging of the two communities to the parish of St. George. Clearly, it was not accepted by the inhabitants of the two hamlets, because the provost of Olginate, in a letter dated April 7, 1583, written to Monsignor Francesco Porro, noted some difficulties raised by the inhabitants of Dozio and Biglio. The provost wrote that the inhabitants did not want to comply with Monsignor Porro’s order – that is the contribution to the expenses to be incurred for the parish church. The inhabitants of the two hamlets refused to honor their commitment by claiming ‘we do not belong to the Curia, nor do we want to belong to it and have been deceived’.

The letter did not explain the deception the inhabitants of Dozio and Biglio believed to be victims of. Later, the provost firmly asked the designated authority to oblige the members of these two communities to honor their commitments. During the 1615 pastoral visit, Cardinal Federico Borromeo calmed the inhabitants of Dozio, resorting more to pastoral solicitude and persuasion than to excessive resoluteness. In the first place, he ordered a complete restoration and a series of improvements for the church of Dozio, which would allow the revival of religious devotion and the worship of the ancient St. Martin’s Oratorio. Then, as it has already been reported, given the difficulties of the road that connected the hamlet to the parish church, he urged the local population to officate a festive Mass in the community church, reminding the inhabitants at the same time that, as far as possible, it was their duty to attend the St. George parish church. In winter, the children were taught Christian principles by local people appointed by the parish priest. Furthermore, the archbishop did not in any way oblige the inhabitants of Dozio to share the costs of the parish church building. With his attitude, Cardinal Borromeo ereased the tension between the population of Dozio and that of Greghentino, granting the former its independence with respect to the latter and giving a new impulse to the religious life of the inhabitants of the hill. Outside the church, the archbishop ordered wooden gates to be placed at the entrance to the cemetery, which was 20 arms long and 12 wide, and to enclose it with a wall. He also ordered to cut, after harvesting the fruits of the year, a chestnut tree that was positioned in front of the church facade. The bishop’s exhortations had a good effect on the community of Dozio. In fact, on the occasion of the 1722 pastoral visit of Cardinal Odescalchi, it was reported that the St. Martin’s church was lovingly maintained by the people of Dozio.
Cardinal Pozzobonelli also visited this place: he noted that the Oratorio was located in a place difficult to access, but flat and pleasing to the eye. After Cardinal Federico Borromeo visit, the building had been completely restored and refurbished, and so it appeared to Archbishop Pozzobonelli. The ceiling was made of thin boards, the floor was covered with bricks, while the walls were plastered and whitewashed. The single altar was facing east. Its icon was painted on canvas with extremely vivid colors and it showed images of the Virgin Mary with two angels holding the crown over her head.

On the wall, there was another image of the Virgin with other depictions of saints, among which St. Martin’s. These images, although very old, used to arouse devotion in the believers’ souls. In the church, there was also a very old confessional, which was used however only for a few sick people. The door of the building was made of solid walnut wood, while the two windows were fitted with transparent woods with grates and mesh; one was in the middle of the church facing south, and the other was in the presbytery. There were two ossuaries outside the presbytery gates; one for men and one for women. On the roof of the church, on the south side, a small tower was erected, where a single bell was hanging, enough to call the people: the rope dangled into the church itself. The sacristy had been built near the walls of the presbytery, on the north side; it had a square plan and a masonry vault. There was a single window with broken glass. As far as the cemetery was concerned, the orders of Archbishop Federico Borromeo had not been carried out, as the sacred place was not protected by any fence. In the middle of it stood a wooden cross. The St. Martin Oratorio also owned a small plot of land called Ronco, a wood that surrounded the church, and a house with a small vegetable garden. These assets were left by Brigida Pedrinella in her will written on May 1, 1734; their income allowed the celebration of a certain number of Masses each year. The testator’s conditions were met annually by the church administrators. In addition to these incomes, the Oratorio benefited from the alms offered by the inhabitants. The treasurer of the administrators, Giuseppe Antonio Longhi, provided Cardinal Pozzobonelli with the report on the accounts, and in the end, he was found to be indebted for 34 Lire and 13 Coins. The archbishop ordered to replace the broken glass in the sacristy window and to build a wall of poles around the cemetery, so as not to let the beasts enter.

Mappa interattiva del percorso